Premesse
Il suolo è alla base della produzione alimentare così come di molti altri servizi ecosistemici fondamentali. Una gestione sostenibile del suolo contribuisce ad aumentare la produzione agroalimentare, favorisce la qualità nutrizionale degli alimenti, contribuisce a regolare le emissioni di anidride carbonica e di altri gas a effetto serra che sono alla base della regolazione del clima.
Il suolo è una risorsa naturale fondamentale e non rinnovabile che fornisce beni e servizi vitali per diversi ecosistemi e per la vita umana stessa.
Il Problema
L’elevata specializzazione colturale dettata da esigenze di mercato, se da un lato garantisce una elevata la standardizzazione del prodotto, dall’altro amplifica notevolmente il problema della perdita di fertilità del terreno che è in stretta connessione con il contenuto in sostanza organica, intesa come l’insieme dei residui vegetali e animali a diverse fasi di decomposizione a partire dalla sostanza organica fresca e alle diverse forme di humus stabile composto per circa il 50% da carbonio organico.
Un elemento di massima importanza è rappresentato dalla sproporzione tra la biomassa asportata e quella che è possibile restituire tramite il reintegro e/o compostaggio dei residui colturali, sempre limitati a causa dell’utilizzo commerciale di gran parte delle colture.
Ciò determina condizioni favorevoli allo sviluppo di malattie causate da patogeni tellurici e della parte aerea, che costringono ad usare sostanze altamente impattanti sull’ambiente.
Articolazione del progetto EcoDif
Il Progetto EcoDif (ED) si propone lo sviluppo e la ricerca di tecniche agricole che possano contribuire, attraverso un basso impatto ambientale, al migliore utilizzo di risorse naturali (suolo, acqua, etc.) ma anche ad un innalzamento della sicurezza alimentare in termini di produzioni orticole di migliore qualità e dunque più competitive.
Il progetto EcoDif prevede un workpackage (WP) di carattere gestionale, tre WPs tecnici di realizzazione delle attività finalizzate al raggiungimento degli obiettivi previsti, ed un’attività di diffusione dei risultati.
Il WP1 si prefigge lo scopo di recuperare lo stato sanitario, inteso nel senso più ampio del termine, di terreni agricoli particolarmente sfruttati, con tecniche ecocompatibili e con un particolare occhio di riguardo alla salvaguardia della biodiversità microbica dei terreni agricoli.
Il WP2 si occuperà di garantire la riduzione e, possibilmente, l’eliminazione di prodotti di sintesi per il controllo di fitopatie della parte aerea, causa di problematiche legate all’inquinamento ambientale e al rischio degli operatori.
In questa attività, sarà coadiuvata dalle azioni previste dal WP3 per quanto concerne l’utilizzo di modelli previsionali quali strumento per l’utilizzo razionale dei prodotti antiparassitari, sia di sintesi ma anche di quelli naturali.
L’Agenzia della Regione Lazio (ARSIAL) si occupa di sviluppo nel settore agricolo e costituisce l’anello di congiunzione tra il mondo della ricerca e quello dell’imprenditorialità agricola, potendo dunque svolgere un significativo ruolo nel trasformare le idee e le sperimentazioni dei ricercatori in protocolli orientati al lavoro e alla crescita della realtà agricola del Lazio, secondo il modello del triangolo della conoscenza.
Obiettivo di quest’azione nel progetto EcoDif sarà quello di raggiungere almeno il 70% degli imprenditori agricoli del Lazio operanti nel settore delle orticole per dimostrare in giornate sul campo le risultanze delle ricerche realizzate con il progetto stesso.
Altro obiettivo fondamentale sarà creare una rete di stakeholder che resisterà anche oltre la vita di questo progetto e che sarà consultabile e raggiungibile anche per altre innovazioni da diffondere. Inoltre, si avrà cura di diffondere i risultati del progetto anche a livello di comunità scientifica nell’ottica di una scienza partecipata (open access).
Inquadramento del Progetto
Le attività previste nel progetto EcoDif si inquadrano pienamente con quanto indicato nel documento della Regione Lazio SMART SPECIALISATION STRATEGY (S3) ed in particolare nelle due AdS Agrifood e Green Economy.
Le azioni proposte sono inoltre in linea con quanto indicato dalla Direttiva 2009/128/CE recepita dal decreto legislativo n. 150 del 14 agosto 2012 (G.U. n. 177 del 30/08/2012) che istituisce un quadro per l'azione comunitaria ai fini dell'utilizzo sostenibile dei prodotti fitosanitari, sia in ambito agricolo che extra agricolo. La Direttiva raccomanda l’adozione della difesa integrata e di approcci o tecniche alternativi o complementari all’uso dei prodotti fitosanitari.
Il progetto EcoDif risulta infine essere pienamente coerente con alcune delle più importanti sfide individuate dal programma Horizon 2020 e in particolare con quella “Sicurezza alimentare, agricoltura e silvicoltura sostenibile, ricerca marina e marittima e delle acque interne e bioeconomia” e con quella “Azione per il clima, ambiente, efficienza delle risorse e materie prime”.
Gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 individuano la necessità di ripristinare i suoli degradati, al fine di migliorarne la produttività, sostenere la produzione, immagazzinare e fornire acqua pulita, conservare la biodiversità, sequestrare il carbonio e aumentare la resilienza in un contesto di profondi cambiamenti climatici.
Obiettivi specifici
Gli obiettivi specifici del Progetto EcoDif sono quelli di delineare una serie di pratiche agronomiche ecosostenibili per il controllo delle fitopatie di origine tellurica e della parte aerea di specie ortive di alto reddito della Regione Lazio, utilizzando come caso di studio la coltivazione del melone in coltura protetta nell’Alto Lazio.
Per il controllo di patogeni del suolo, l’adozione della pratica della biofumigazione (sovesci verdi, pellet e formulati micronizzati) consentirà di non dover ricorrere all’utilizzo di piantine innestate su piede resistente, con un risparmio del 40% sul costo dell’impianto della coltura di melone in serra, oltre a risparmi legati al minore utilizzo di concimazioni minerali.
Altri vantaggi che possono essere realizzati con la pratica della biofumigazione sono quelli legati all’aumento del contenuto di sostanza organica e del miglioramento della struttura del terreno, misurabile mediante analisi fisico-chimiche che saranno effettuate all’inizio e alla fine del progetto, per testimoniare l’avvio di una tendenza di miglioramento della salute del suolo, che è un processo lento ma necessario.
Parallelamente a ciò, mediante analisi biomolecolari idonee, verrà valutata la carica microbica del suolo nel corso dello svolgimento delle prove, con prelievi mirati di terreno, estrazione del DNA e amplificazione e sequenziamento di regioni target per funghi e batteri. Il miglioramento della struttura fisico chimica, l’aumento della carica microbiologica e il sequestro di carbonio organico sono altri obiettivi intermedi che saranno raggiungibili mediante l’adozione della pratica della biofumigazione. L’utilizzo di sostanze naturali applicate alle colture nelle strategie di difesa di patogeni della parte aerea (foglie, fusti, frutti), con calendari basati sull’adozione di idonei modelli previsionali, permetterà una riduzione di circa il 30% del numero di trattamenti con prodotti fitosanitari di sintesi e consentirà, alla fine dei due anni di sperimentazione, di ottenere produzioni di elevata quantità e qualità con basso se non nullo tenore di residui.
La realtà orticola laziale
Le aziende a indirizzo orticolo costituiscono una realtà del tutto particolare all’interno del mondo agricolo, poiché l’equilibrio tra l’attività umana e l’ambiente naturale è spesso compromesso. Ciò è particolarmente vero per l’orticoltura laziale dove diversi cicli colturali si succedono in modo rapido nell’arco dell’anno con piante appartenenti alla stessa famiglia botanica e ciò comporta un maggiore impiego di input rispetto alle colture estensive.
Il Lazio rappresenta una delle regioni che maggiormente concorre alla produzione orticola nazionale, soprattutto per quanto riguarda l’orticoltura protetta che in termini di superficie investita rappresenta il 18% di quella nazionale, e si colloca al terzo posto dopo la Sicilia e la Campania. Dai dati del censimento del 2010 risultano circa 7.000 aziende orticole che realizzano oltre 20.000 ettari di produzioni orticole mentre le coltivazioni protette risultavano essere circa 3.400 ettari. Secondo stime confermate dalle rilevazioni statistiche ISTAT, le superfici sono più che raddoppiate rispetto al censimento del 2010, raggiungendo i 7.350 ettari in serra coperti tra serre e tunnel (fonte: L’agricoltura nel Lazio in cifre 2014 - CREA 2016).
La maggior parte delle aziende orticole regionali sono dislocate nelle provincie di Roma, Latina e Viterbo, nelle aree ad agricoltura intensiva. Nella provincia di Roma, le produzioni orticole (prevalentemente carote e cocomeri) si localizzano nelle aree costiere si concentrano per il 50% in 3 comuni (Fiumicino, Cerveteri e Roma). Nella pianura pontina si concentra circa il 50% della produzione orticola regionale e In questo caso le tipologie di prodotti sono più diversificate rispetto agli altri areali di produzione. Nel comune di Sezze, a esempio, le coltivazioni orticole realizzate sono soprattutto verdure (spinaci, broccoli, insalate, biete, etc.), invece nei terreni costieri di natura prevalentemente sabbiosa, si realizzano soprattutto ortaggi (zucchine, carote, rape bianche lunghe, fragole, meloni), destinate all’esportazione nei mercati del centro-nord Europa. Nella provincia di Viterbo si localizzano quasi il 75% delle aziende che coltivano pomodoro da industria. Tale coltura si concentra per il 90% in tre comuni (Montalto di Castro, Tarquinia e Tuscania). Altre colture presenti nella provincia sono asparagi, cocomeri e meloni.
Il caso della coltivazione del melone
Nella realtà orticola del Lazio, la produzione del melone interessa una superficie di circa 935 ettari (Fonte ISTAT, 2014) di cui 600 circa si trovano in provincia di Viterbo.
La coltivazione del melone in coltura protetta è soggetta a diverse patologie legate al terreno. Tra le più note si ricordano le fusariosi vascolari causate da Fusarium oxysporum f. sp. melonis, per le quali il mondo della ricerca ha individuato geni di resistenza che sono stati introdotti nelle principali cultivar coltivate. Esiste tuttavia una serie di patogeni considerati in passato di minore importanza, quali quelli associati alla sindrome del “collasso”, in quanto venivano controllati dalla pratica della fumigazione chimica, pratica oggi non attuabile per l’elevato impatto negativo sull’ambiente.
L’unica pratica agricola che riesce parzialmente a ridurre le perdite produttive causate dal complesso del collasso è la pratica dell’innesto su piede resistente ma ciò porta ad un maggiore costo di impianto, stimabile a circa +40% rispetto alla piantina franca, e spesso le piante innestate hanno caratteristiche organolettiche non paragonabili a quelle non innestate Tra le patologie della parte aerea, l’oidio (o mal bianco) è quella che desta maggiori preoccupazioni, in quanto incide sulla efficienza fotosintetica dell’apparato fogliare con conseguenti minori produzioni.
Metodi di controllo ecocompatibili
La gestione sostenibile del suolo è parte integrante della gestione sostenibile globale della terra, nonché la base di partenza per arginare la povertà e favorire lo sviluppo agricolo e rurale al fine di promuovere sicurezza alimentare e miglioramento della nutrizione.
Per l’incalcolabile valore che i suoli rivestono per la società grazie ai loro servizi ecosistemici, l’adozione di pratiche per la loro gestione sostenibile garantisce un elevato ritorno sugli investimenti. L’applicazione di queste pratiche genera molteplici vantaggi socioeconomici, in particolare per gli agricoltori di piccole aziende agricole, il cui reddito dipenda direttamente dalla “qualità e sanità” dei terreni.
Il concetto di mantenimento della fertilità del terreno, quindi, è indiscutibilmente legato al concetto di agricoltura sostenibile attraverso il rilancio delle buone pratiche agricole.
L’agricoltura integrata con i disciplinari regionali di produzione sta indirizzando i produttori del Lazio verso l’adozione di forme di difesa fitosanitaria che, oltre ad applicare pratiche agronomiche volte a contenere l’esposizione delle colture alle malattie, riducano l’utilizzo di prodotti fitosanitari di sintesi.
Tra queste, la pratica del sovescio, attuata in funzione del periodo e del tipo di coltura, può svolgere un’importante azione di equilibrio sia sulla struttura del suolo e sull’apporto di sostanza organica, sia per il contributo nella lotta ai cambiamenti climatici grazie all’effetto «Carbon Sink», il sequestro del carbonio (CO2) dall’atmosfera e sia per la prevenzione e/o la soppressione di organismi nocivi fornendo quindi diverse opzioni all’agricoltura multifunzionale e sostenibile.
La biofumigazione
Grazie al sovescio di piante biocide appositamente selezionate si sfrutta l’effetto soppressivo di alcune Brassicaceae su alcuni patogeni del terreno attraverso la liberazione di isotiocianati derivati dall’idrolisi dei glucosinolati. Questa tecnica, chiamata biofumigazione, prevede l’uso di sovesci per contrastare la cosiddetta “stanchezza del terreno”, effettuata con la Brassica juncea. Altra pratica di notevole interesse è rappresentata dall’ utilizzo di altri prodotti tipo pellet di B. carinata e di farine micronizzate di B. carinata in fertirrigazione, come alternativa totale o parziale di fertilizzanti convenzionali e biofumiganti di sintesi. Queste tecniche favoriscono una maggiore salubrità dei prodotti e dell’ambiente e le aziende orticole potrebbero, non solo ridurre l’impiego di prodotti chimici nella gestione delle colture, ma anche ottenere un incremento della fertilità complessiva del terreno tale da permettere in pochi anni un aumento della resa e della qualità merceologica delle produzioni.
Uso di prodotti naturali
L’utilizzo di prodotti a basso impatto registrati (COS-OGA, olio di arancio dolce, microrganismi) e proponibili (formulazioni a base di oli essenziali) permette, in strategie integrate di difesa, di contenere diverse malattie fungine quali peronospora, botrite, alternariosi ed oidio, che attaccano gli apparati fogliari delle piante compromettendone la produzione sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo.
In particolare, risultati promettenti si sono ottenuti per il contenimento dell’oidio delle cucurbitacee. Nella moderna agricoltura, le risorse investite per sintetizzare le sostanze chimiche (antiparassitari e fertilizzanti) utilizzabili in agricoltura sono ingenti. Esse spesso sono utilizzate in maniera indiscriminata con conseguenze negative sull’ambiente e sulla salute dell’uomo.
I modelli previsionali
Lo studio della biologia e del comportamento dei parassiti e della loro interazione con le piante costituisce un pilastro fondamentale per la messa a punto di strategie di controllo efficaci ed ecocompatibili.
Esso costituisce anche la base per lo sviluppo di sistemi di previsione ed avvertimento, cioè l’organizzazione di un servizio che, sulla base di modelli matematici validati in campo, è in grado di simulare lo sviluppo di una malattia fungina, a partire dalla misura di parametri meteorologici quali la temperatura, l’umidità atmosferica o la bagnatura fogliare, e di lanciare un segnale al tecnico o all’agricoltore, suggerendo il momento più opportuno per effettuare un trattamento di difesa o per verificare la concentrazione del parassita in campo. In questo modo gli interventi fitosanitari risultano mirati e ridotti al minimo, a vantaggio dell’ambiente e della salubrità del prodotto agricolo.
Questo intervento permette un beneficio economico per le aziende assistite, in termini di minore spesa in input chimici associato alla valorizzazione delle produzioni.